Le borse mondiali hanno chiuso la settimana in territorio positivo, con un recupero diffuso che riflette una momentanea distensione sul fronte commerciale tra Stati Uniti e Cina. A guidare i mercati è stata ancora una volta la narrativa sui dazi, ma questa volta con una lettura meno allarmante rispetto alle settimane precedenti. Il segretario al Tesoro USA, Bessent, con una sorta di Excusatio non petita ha ribadito che le oscillazioni dei mercati sono "normali" e ha sottolineato come il Treasury americano resti "il bene rifugio più sicuro al mondo". Una dichiarazione non casuale, visto che, nelle ultime settimane, il Treasury ha perso parte della sua connotazione di safe haven a causa delle politiche ondivaghe dell'amministrazione Trump. I rendimenti del Treasury a 10 anni si sono attestati ben oltre il 4%, ancora elevati rispetto alla media storica pre-2020. Bessent ha inoltre confermato l'importanza dei negoziati con la Cina, pur smentendo che vi siano colloqui in stato avanzato.
Stati Uniti - Cina: tregua tecnica o strategia?
Dopo una fase di forte escalation, la Cina ha annunciato una riduzione dei dazi su alcuni beni chiave per la propria economia, tra cui componenti elettronici e macchinari industriali. I toni tra le due potenze si sono quindi leggermente abbassati, ma un accordo resta ancora lontano, e il tempo sembra giocare contro Washington.
Tra i segnali d'allarme: Shein, colosso cinese del fast fashion, ha annunciato un aumento dei prezzi del 51% sui propri prodotti destinati al mercato USA. Questo comporta un doppio impatto psicologico per i consumatori americani: da un lato scaffali potenzialmente vuoti per alcuni beni, dall'altro rincari su altri prodotti, proprio mentre l'inflazione core (esclusi alimentari ed energia) si attesta ancora su livelli elevati (+3,5% su base annua).
Nel frattempo, i funzionari cinesi hanno preso tempo nel programmare bilaterali con Washington, suggerendo che è la Cina ad avere il vantaggio strategico. Internamente, la popolazione cinese — nonostante un contesto difficile fatto di alta disoccupazione giovanile (attualmente al 14,9%) e una profonda crisi immobiliare (con vendite di case nuove in calo del 25% su base annua) — sembra ora più compatta contro il "nemico comune", gli Stati Uniti.
Gli USA, al contrario, stanno mostrando segni di fragilità: la pressione sui mercati finanziari è tangibile e limita il margine d'azione di Trump. L'indice VIX della volatilita' è risalito a quota 19, dopo aver toccato minimi sotto 16 nelle settimane precedenti. La Cina, che storicamente ha mostrato una maggiore resilienza agli shock economici, potrebbe usare l'instabilità finanziaria americana come leva negoziale.
Accordo USA-Cina: riequilibrio necessario o rischio per l'Europa?
I futuri negoziati sui dazi tra USA e Cina potrebbero toccare molto più dei soli scambi commerciali. In uno scenario ideale, si potrebbe raggiungere un "bellissimo riequilibrio" che riduca gli eccessi insostenibili attualmente presenti:
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• Gli americani comprano beni manifatturieri a basso costo dalla Cina, finanziandoli
attraverso il debito.
• Gli Stati Uniti hanno perso competitività manifatturiera, sviluppando una dipendenza
pericolosa dalla Cina.
• Al contempo, la Cina è eccessivamente dipendente dal possesso di asset finanziari
statunitensi (con oltre 860 miliardi di dollari di Treasury in portafoglio).
Questa dinamica ha creato uno squilibrio che, in un modo o nell'altro, dovrà essere risolto: o
in maniera coordinata o attraverso un "crash" disordinato.
Le necessità di riequilibrio:
Gli Stati Uniti devono:
• Ridurre il deficit federale (attualmente oltre il 6% del PIL)
• Aumentare la produzione manifatturiera (oggi scesa sotto il 11% del PIL)
• Ridurre il consumo eccessivo (spesa delle famiglie pari a circa il 68% del PIL)
• Diminuire il carico di debito pubblico (superiore a 34.000 miliardi di dollari)
La Cina deve:
• Ridurre l'avanzo commerciale (attualmente pari a circa il 2% del PIL)
• Diminuire l'eccessiva dipendenza dal manifatturiero (che rappresenta circa il 28% del
PIL)
• Aumentare i consumi interni (attualmente circa il 38% del PIL, uno dei tassi più bassi
tra le grandi economie)
• Ridurre il debito aggregato (pari a oltre il 280% del PIL)
Un riequilibrio ordinato è possibile, ma richiede collaborazione, capacità decisionale e
strumenti adeguati da entrambe le parti. Le tre domande chiave saranno: 1) riusciranno Stati
Uniti e Cina a lavorare insieme per ridurre gli squilibri senza provocare traumi? 2) come verrà
fatto rispettare un eventuale accordo? 3) le parti rispetteranno l'accordo nel tempo?
Europa: osservatore preoccupato
Anche se si raggiungesse un accordo, non sarebbe privo di conseguenze negative per il Vecchio
Continente. Un possibile schema — simile a quello del 2018 — vedrebbe la Cina impegnarsi
ad acquistare più beni dagli USA a scapito degli altri partner commerciali. Per l'Europa, questo
potrebbe tradursi in una riduzione delle esportazioni verso la Cina per un valore stimato di
circa 200 miliardi di euro, con un impatto particolarmente negativo su settori come
automotive, lusso e macchinari industriali.
Tanti appuntamenti da monitorare
La settimana che si apre sarà densa di eventi macroeconomici cruciali:
• Treasury Quarterly Refunding Announcement: Oggi il Tesoro USA pubblicherà la stima
delle emissioni di bond per il trimestre corrente e il prossimo, con un fabbisogno
previsto intorno ai 600 miliardi di dollari. Il dettaglio della composizione delle scadenze
(brevi vs lunghe) sarà reso noto settimana prossima. Un eccesso di emissioni lunghe
potrebbe mettere pressione sui tassi a lungo termine.
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Trimestrali delle Magnifiche 7: Attese le trimestrali di Amazon, Apple, Microsoft e Meta. In media, il consensus si aspetta una crescita degli utili del 9% su base annua per il settore tech.
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Dati macro USA: In uscita il dato preliminare sull'inflazione di aprile (attesa stabile al +3,4% annuo) e il GDP del primo trimestre. La Fed di Atlanta ha già rivisto al ribasso la stima del PIL a -0,4%, riflettendo un rallentamento più marcato del previsto.
Operativamente
La Fase 1 della strategia di Trump inaugurata con il “liberation day” (ribattezzato anche insider tradign day), è quasi conclusa. Inizia ora la Fase 2 dove si parlerà di negoziati e negoziatori. Nelle prossime settimane quindi, nonostante le trimestrali americane, lo sfondo sarà sempre governato dalle notizie, poi smentite e poi confermate sui dazi. Tuttavia la vera ed unica variabile che governerà tutto è il tasso del Treasury americano che influenzerà non solo gli umori del mercato ma anche i toni dei negoziati e negoziatori. Da punto di vista obbligazionario meglio restare in area euro su scadenze breve (1-3 anni) e ridurre esposizione ai subordinati bancari. Per l’azionario, può essere interessante la Cina con esposizione al mercato di HonkHong dove il Governo spingerà molto sulle IPO nei prossimi mesi. L’S&P500 è in una fase laterale all’interno della fascia 5000/5550, ora siamo sulla parte alta dopo le notizie di questa settimana ma, data la densità degli appuntamenti di questi giorni, potremmo oscillare verso la parte bassa. Se si ritorna sulla parte bassa può essere utile accumulare in vista dell’ultimo trimestre dell’anno dove, seguendo l’agenda Trump, dovrebbe arrivare taglio alle tasse e de regulation oltre che una corposa emissione di Treasury che necessita di mercato calmo. Intanto l’Europa resta un porto relativamente sicuro con il Dax che benefica degli importanti stimoli fiscali della Germania e il Ftse Mib del risiko bancario sempre più intricato dopo la mossa di stamattina di Mediobanca su Banca Generali.
Di seguito il grafico che mostra l’excusation non petita di Bessent. Generalemente il dollaro si muove in sincrono con il rendimento del decennale. Dal liberation day abbiamo avuto invece uno scollamento pericoloso